La voce dei Presidenti

La voce dei Presidenti

La voce dei Presidenti

Gli interventi degli ultimi Presidenti di Assolombarda: le sfide, i traguardi e le trasformazioni vissute durante gli anni del loro mandato. Nelle loro testimonianze, gli spunti non solo per capire la storia recente dell’Associazione, ma anche per ragionare sull’impatto dell’esperienza sullo sviluppo economico e sociale di un territorio dai confini sempre più allargati.

Palazzo Assolombarda in costruzione, Archivi Assolombarda.

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Progetti concreti per le imprese

20 ottobre 2000. Nell’anno del Giubileo, Sua Maestà la Regina Elisabetta ii visita per la seconda volta Milano, per la seconda volta la Scala. E per la prima volta Assolombarda, la casa delle imprese milanesi. Abito verde acqua, cappellino coordinato, spilla e guanti neri: eleganza senza tempo. Da cerimoniale, lo scambio dei doni: per lei, una Storia di Milano del 1800, con l’immagine del Duomo che si svela allargando il taglio del volume. Il mio stato d’animo fatica a tenere insieme l’orgoglio per il privilegio dell’incontro e il timore di infrangere il protocollo, nonostante le istruzioni di rito. Per il pranzo, le indicazioni sono chiare: «quando Sua Maestà impugna il cucchiaio, lei impugna il cucchiaio. Quando Sua Maestà lo riappoggia, lei lo riappoggia». Up and down: semplice, persino rassicurante. Ma il mio “esercizio dello specchio” suscita stupore: «What are you doing, Mr. Benedini?». «Seguo le indicazioni del suo ambasciatore, Maestà». Un sorriso accennato e... «Take it easy». Tre parole che un quarto di secolo dopo sono ancora lì, a ricordare un momento indelebile, frammento straordinario dei miei anni in Associazione.

Anni intensi, vissuti in prima linea al fianco delle imprese e in sintonia con i loro bisogni: «Oggi – dicevo nel mio intervento di insediamento all’Assemblea Generale del 9 giugno 1997 – ci troviamo di fronte a una prospettiva entusiasmante e preoccupante allo stesso tempo. Entusiasmante perché ci siamo addentrati in una rivoluzione, insieme tecnologica ed economica. Preoccupante perché il nostro Paese presenta gravi ritardi». La consapevolezza: «La concorrenza non ha più frontiere [...]. Gli investimenti, cioè lo sviluppo e la ricchezza, si muovono velocemente [...] alla continua ricerca di opportunità, privilegiando i Paesi e le aree dove i rischi sono più bassi, la tassazione meno penalizzante, i ritorni più elevati, in tempi brevi». E la constatazione: l’Europa «cerca, con fatica, di realizzare le condizioni per una maggiore competitività [il senso del trattato di Maastricht al di là delle sue motivazioni ideali] [...]. L’Europa è ancora alle prese con debiti pubblici elevati, con un mercato del lavoro rigido e chiuso, con una pressione fiscale troppo forte e con un tasso di disoccupazione così elevato da essere allarmante per le conseguenze sociali. Su tali questioni, purtroppo, l’Italia detiene quasi tutti i record negativi».

A fronte di opportunità da cogliere e pesi che rallentavano la corsa delle imprese, mi chiedevo cosa Assolombarda dovesse fare. In concreto, perché era ed è questa la mia concezione dell’associazionismo d’impresa: «Io sono per un associazionismo “dal basso”, fatto di progettualità concreta che risponda alle esigenze delle imprese. Attraverso questa cultura e queste esperienze l’Associazione svolge il suo ruolo nei confronti degli associati e costruisce la credibilità e le proposte che poi porta nel dibattito e nelle sedi politiche appropriate. Le idee e le proposte sono così nello stesso tempo aderenti alle richieste delle imprese, affidabili sotto l’aspetto della fattibilità e del sostegno da parte della base. Così facendo, cioè dal basso, si può portare la cultura industriale nei luoghi e nelle decisioni importanti».
Benito Benedini con la Regina Elisabetta in Assolombarda, 18 ottobre 2000.
Benito Benedini con la Regina Elisabetta in Assolombarda, 18 ottobre 2000.

Durante il mio mandato alla guida di Assolombarda – non diversamente che nel resto del mio percorso all’interno del sistema Confindustria – ho immaginato e perseguito un’associazione aperta, capace di identificare e riconoscere i suoi stakeholder anche al di fuori da quelli più tradizionali e consolidati, di chiamare a raccolta e realizzare sinergie: un mondo nei confronti del quale – pensavo e penso – «Assolombarda gioca un ruolo importante, che va ben al di là della rappresentanza e della tutela degli interessi diretti delle imprese».

Dunque, se c’è un segno che mi piacerebbe aver lasciato nella cultura imprenditoriale e nell’associazionismo d’impresa, non è un traguardo raggiunto, ma una scintilla, un punto di partenza. La legittima rivendicazione della “cittadinanza sociale” dell’Associazione, della sua consapevolezza che non c’è antitesi tra lungimiranza economica e responsabilità sociale. Di fatto, una nuova assunzione di responsabilità, del dovere morale di dare conto del proprio agire, affidato al primo Bilancio sociale di Assolombarda. «Il nostro ruolo ci impegna innanzitutto a definire in modo chiaro i confini della nostra competenza, ma anche a verificare l’impatto delle nostre azioni sul mondo esterno. Per questo, dobbiamo saper diventare sempre più attenti. Più attenti nel leggere l’evoluzione dell’ambiente nel quale operiamo. Più attenti nell’ascoltare le indicazioni che emergono dall’economia e dalla società. Dobbiamo saper essere, nei confronti del nostro contesto di riferimento, sensori, anticipatori, interlocutori e interpreti. E dobbiamo mettere al servizio della comunità le nostre competenze e la nostra capacità progettuale».

Realizzare il primo Bilancio sociale di un’associazione imprenditoriale in Italia, e con ogni probabilità in Europa, è stata una scelta coraggiosa? lungimirante? Forse, semplicemente, i tempi erano maturi. Pensando alla mia esperienza in Assolombarda e nel sistema confindustriale, posso certamente dire che si è trattato di una scelta in piena continuità con quei criteri di responsabilità e trasparenza che hanno sempre caratterizzato, negli anni, la rappresentanza d’impresa in Italia e a Milano. Una scelta che ha enfatizzato quella necessità di competizione “per sistemi” tanto consona ai bisogni dello sviluppo, quanto familiare a ciascun imprenditore, che conosce il peso, per il successo d’impresa, di quel saper “fare squadra” a cui ho fatto cenno.
L’orgoglio del saper fare

Ricordo con entusiasmo e gratitudine gli anni che ho dedicato ad Assolombarda, dai miei primi passi all’interno dell’Associazione fino alla presidenza. Dinamismo, passione e collaborazione sono, molto probabilmente, i termini più calzanti per descrivere tutte le sfide e i successi che hanno plasmato il mio percorso. Un cammino durante il quale ho cercato di mantenere quanto più possibile una visione ottimista e di fare tesoro di un certo “spirito di squadra” che è stato fondamentale nei momenti più delicati.

Il mio impegno nei confronti dell’Associazione è iniziato nel Gruppo Giovani Industriali, l’attuale Gruppo Giovani Imprenditori. Ancora oggi considero quell’esperienza una palestra di vita e in parte lo devo sicuramente all’amicizia di Leopoldo Pirelli, che considero un vero e proprio mentore. Prima di diventare Presidente di Assolombarda sono stato anche Presidente della Piccola Industria e c’è un fatto, di quel tempo, che mi è particolarmente caro ricordare. In collaborazione con l’Università Cattolica di Milano abbiamo lavorato a uno studio sul valore del lavoro, con l’obiettivo di superare le mere considerazioni economiche sulla questione, scegliendo, invece, di porre l’accento sulle opportunità che derivano dal “saper fare” un mestiere. L’approccio che avevo scelto metteva in luce come le competenze e le esperienze pratiche dei lavoratori fossero direttamente proporzionali alla capacità di innovazione delle imprese. La ricerca si è poi tramutata un incontro alla presenza di un ospite speciale, l’allora Arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, con il quale ci fu un’incredibile comunione di intenti. Era, oltre tutto, la primissima volta che un così autorevole esponente della Chiesa cattolica entrava nella “casa degli imprenditori”.

Spingere le imprese a innovare, dopo tutto, è sempre stato il mio obiettivo. E per questo, una volta diventato Presidente di Assolombarda, ho dato vita, tra le tante cose, al Premio Cenacolo. Si trattava di un riconoscimento pensato per le startup più innovative che è arrivato a incoronare, nell’ambito editoria e innovazione, anche Geronimo Stilton, un progetto editoriale allora appena nato e poi arrivato a 6 milioni di copie, rivolto alle ragazze e ai ragazzi, con grande portata culturale e valenza educativa. Per non dimenticare il supporto dato al viaggio del sottomarino Toti verso Milano che mi è valso l’Ambrogino d’Oro: grazie a un’operazione da 3 milioni di euro con un ritorno, in termini di immagine e di comunicazione, di ben 11 milioni, il 14 agosto 2005 Assolombarda ha contribuito, ancora una volta, a un pezzo di storia, capolavoro dell’ingegneria.

Scrivania restaurata e relativo étagère progettati da Gio Ponti con poltrone e tavolino in stile, 2024. Fotografia di Agostino Osio, Alto//Piano, Archivi Assolombarda.
Scrivania restaurata e relativo étagère progettati da Gio Ponti con poltrone e tavolino in stile, 2024. Fotografia di Agostino Osio, Alto//Piano, Archivi Assolombarda.

A proposito di comunicazione, la mia presidenza ha colto da subito i vantaggi che derivano dalla capacità delle organizzazioni complesse di raccontarsi. Il primo, indubbiamente, è il ritorno reputazionale. Non è un segreto, inoltre, che la vita delle associazioni dipenda dalla propria attrattività, e a questa è ovviamente legato saldamente il numero delle adesioni. Complice il contesto politico-economico, ci eravamo accorti che le iscrizioni ad Assolombarda faticavano a crescere di numero, eppure i servizi continuavano ad aumentare, a rafforzarsi. E in fondo i partecipanti alla vita associativa erano soddisfatti.

Abbiamo quindi pensato che la chiave di volta potesse essere la narrazione della forza della nostra industria, attraverso un’operazione di comunicazione e marketing integrata. A quel tempo il maestro Bob Krieger era il re assoluto dei ritratti – lo è stato di fatto per tutta la sua vita, non me ne vogliano i colleghi – e chi meglio di lui poteva, dunque, rappresentare i volti dell’imprenditoria di Assolombarda? Nelle vie della città di Milano l’intensità espressiva unita alla storia di Marco Tronchetti Provera, Diana Bracco, Gianmarco Moratti e di molti altri eccezionali imprenditori è servita per fare breccia nell’interesse di potenziali nuovi associati: l’iniziativa è stata un successo, facendo registrare un balzo importante di iscrizioni. Anche in questo caso siamo stati i primi nel sistema Confindustria a mettere in piedi una campagna che fosse allo stesso tempo molto efficace e dall’alto valore artistico-culturale.

In questo viaggio nei miei ricordi di Assolombarda c’è, però, un momento a cui ripenso spesso con particolare fierezza. Forse ogni tanto si dimentica la vocazione fondativa di Assolombarda. Tuttavia le questioni legate al lavoro costituiscono le fondamenta senza le quali ogni tipo di progettualità rischierebbe di essere vana. Penso, ovviamente, al tavolo di lavoro insieme ai sindacati dedicato alla conciliazione, un momento di massima collaborazione che ha scongiurato non solo un’impasse burocratico per i tribunali di riferimento, ma anche un numero inevitabilmente alto di possibili cause. 

E ancora, come non citare la sinergia con Regione Lombardia e l’allora Presidente Roberto Formigoni, le Camere di commercio di Milano e di Brescia, così come le Unioni Industriali di Bergamo e di Brescia – ora diventate rispettivamente Confindustria Bergamo e Confindustria Brescia – e poi anche Banca Intesa, unite nello sforzo di realizzare un’autostrada alternativa all’A4. Dopo un complesso accordo con Autostrade per l’Italia nasceva così BreBeMi A35.

ADI Design Museum, Milano, 2024.
ADI Design Museum, Milano, 2024.

Innovazione, lavoro, infrastrutture e infine una vocazione profonda e sentita nei confronti della cultura d’impresa, proprio a partire dal palazzo di via Pantano n. 9. È stato sotto la mia presidenza, infatti, che l’edificio è stato soggetto ad alcuni interventi di restauro e valorizzazione. Quando sono stato nominato Presidente era mio interesse conoscere anche i dirigenti e i funzionari dal cui lavoro dipendeva gran parte della notorietà di Assolombarda. Ho notato subito che nei corridoi dell’Associazione c’erano reperti artistici dal discreto valore che andavano assolutamente recuperati e inventariati. Poi, mi sono occupato di apportare alcune migliorie per rendere la casa degli imprenditori uno spazio a misura di persone: dal tema dell’inclusività per i diversamente abili, alla ristrutturazione dell’auditorium, fino all’intitolazione di alcune aule agli imprenditori di Assolombarda. Il medesimo sentimento mi ha spinto a costruire il sesto piano del palazzo dedicandolo a Carlo Camerana, lo stesso amico che mi aveva chiesto più volte di diventare Presidente di Museimpresa per valorizzare il progetto. E così ho fatto. 

Guardando indietro, sono profondamente grato per ogni esperienza vissuta e per le relazioni costruite lungo questo cammino. Ogni progetto e ogni sfida affrontata hanno contribuito a rafforzare il legame tra le persone e le imprese che costituiscono il cuore pulsante di Assolombarda. È stata un’avventura ricca di insegnamenti, in cui ho avuto l’onore di lavorare insieme a persone straordinarie unite dalla stessa passione per l’innovazione e il progresso. Ma non posso dimenticare il sostegno incondizionato della mia famiglia, che mi ha sempre ispirato e supportato in questo percorso. Con un rinnovato spirito di collaborazione, sono certo che Assolombarda continuerà a svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere un futuro luminoso e prospero. Lascio questa pagina della mia vita con la certezza che, insieme, possiamo sempre costruire ponti verso nuove opportunità, alimentando il sogno di creare e sostenere imprese sempre più forti e attente alla sostenibilità.

Ricerca, innovazione e responsabilità

Quella di Assolombarda è stata una delle esperienze più intense e significative della mia vita di imprenditrice al servizio dell’associazionismo. Dei quattro anni di presidenza, ricchi di progetti e prodighi di successi, mi porto nel cuore tantissimi ricordi. 

Il primo è l’immagine dell’Assemblea Generale che mi elegge all’unanimità come prima donna alla guida della più grande associazione territoriale di Confindustria. Michele Perini, il Presidente uscente, volle rompere il ghiaccio a suo modo, dicendo al microfono in dialetto milanese: «E ora vi lascio alla Sciura Bracco». 

Era il 2005 e l’universo associativo era molto maschile. Proprio per questo uno dei miei primi fronti d’impegno fu una battaglia culturale per una maggiore presenza delle donne sia negli organismi rappresentativi dell’Associazione sia nella struttura manageriale. Sul potenziale femminile tutti devono investire, impegnandosi nella lotta contro ogni tipo di condizionamento e di discriminazione. Ormai è chiaro che la disuguaglianza di genere limita il potenziale contributo delle donne alla crescita economica. La parità di opportunità e di diritti va realizzata in tutti gli ambiti della vita sociale: dall’istruzione alla formazione, dall’occupazione al supporto all’imprenditorialità, dal credito alle donne al bilanciamento tra impegni familiari e lavorativi. Certo, in tempi recentissimi si sono fatti passi avanti importanti, anche se molto c’è ancora da fare. 

Tra i temi del mio operare come Presidente di Assolombarda, ho sempre considerato essenziali la diffusione della cultura della responsabilità sociale, il sostegno all’innovazione e l’apertura internazionale delle nostre aziende e del nostro territorio. Su questi tre fronti ho conseguito alcuni risultati di cui sono particolarmente orgogliosa.

Nel 2008 Assolombarda ebbe un ruolo molto importante nell’assegnazione alla città di Milano di Expo 2015. Archivio Storico Bracco.
Nel 2008 Assolombarda ebbe un ruolo molto importante nell’assegnazione alla città di Milano di Expo 2015. Archivio Storico Bracco.

La pionieristica esperienza di Fondazione Sodalitas è ad esempio un’istantanea molto vivida di quegli anni. Con il compianto Ennio Presutti eravamo convinti che nel mondo del business occorresse diffondere i valori migliori della cultura d’impresa: la promozione dell’individuo, il merito, l’eccellenza, la lealtà, la coesione, lo sviluppo sostenibile, la solidarietà. Sodalitas è stata uno straordinario ponte tra profit e non profit e ha aiutato, con un’iniezione di cultura manageriale, la tumultuosa crescita del terzo settore nel nostro Paese.

Un altro ricordo importante dei miei quattro anni alla guida di Assolombarda è la battaglia a favore della cultura della R&I (Ricerca e Innovazione), nel Paese ma anche tra gli imprenditori. In quegli anni, le associazioni industriali erano fortemente orientate verso le relazioni sindacali, con un focus fortissimo sulla contrattazione. Molti colleghi imprenditori, che venivano spiritosamente definiti gli “imbullonati”, sottovalutavano l’importanza degli intangible assets e il ruolo della ricerca per la crescita delle aziende e dunque dell’Italia nel suo complesso. 

Ancora oggi, purtroppo, l’opinione pubblica, i mass media e i decisori politici talvolta si dimenticano dell’importanza strategica della ricerca e delle tante tecnologie made in Italy che hanno cambiato il mondo. Tutti invece devono capire che l’innovazione è strumento indispensabile per quella crescita di cui l’Italia ha bisogno. Ma la ricerca e l'innovazione si fanno con risorse economiche adeguate, tempi sicuri ed efficienza nella gestione. Va creato, cioè, un ambiente favorevole e occorre garantire chiarezza negli obiettivi. 

Troppe volte sento accusare le imprese di non fare ricerca. È un’affermazione smentita dalla realtà dei fatti. E lo dico io che, quando sono stata per tre mandati Vicepresidente di Confindustria per R&I su delega di Antonio D’Amato, Emma Marcegaglia e Giorgio Squinzi, ho sempre spronato con forza i miei colleghi imprenditori a investire di più. In questi anni il numero di imprese, di ogni dimensione e settore, che investono in Ricerca e Innovazione è sempre aumentato, e la gran parte dell’attività di ricerca delle imprese italiane è autofinanziata. Tante aziende si sono rimboccate le maniche e anche in questo periodo turbolento hanno continuato così ad avere successo sui mercati globali. Dobbiamo essere orgogliosi del nostro manifatturiero, e seguitare a difenderlo.

Le avveniristiche architetture di Palazzo Italia. Diana Bracco è stata Presidente di Expo 2015 S.p.A. e Commissario generale del Padiglione italiano. Archivio Storico Bracco.
Le avveniristiche architetture di Palazzo Italia. Diana Bracco è stata Presidente di Expo 2015 S.p.A. e Commissario generale del Padiglione italiano. Archivio Storico Bracco.

Il modo migliore per sostenere la nostra industria è non avere paura di internazionalizzarsi. A questo riguardo una delle sfide più importanti della mia presidenza di Assolombarda è stata sicuramente affiancare imprese e istituzioni nella grande avventura dell’Expo di Milano 2015. La vittoria a Parigi del 31 marzo 2008, quando il Bureau International des Expositions assegnò la manifestazione alla nostra città, è uno dei miei ricordi più emozionanti. Vidi abbracciarsi tutti i protagonisti di quel trionfo, a iniziare dall’amica Letizia Moratti, senza pensare alle diverse appartenenze politiche. Un lavoro comune che è stato il seme forte che ha sostenuto quell’ambizioso progetto di cui Assolombarda ha continuato a essere protagonista. Quello “spirito di Parigi”, come mi piace chiamarlo, mi ha sempre ispirato anche negli anni successivi in cui mi sono spesa – prima come Presidente di Expo, poi anche in veste di Commissario generale per il Padiglione Italia – affinché si lavorasse tutti uniti per il bene dell’evento e del Paese.

L’Expo – come avevamo previsto noi che fummo tra i pochi a crederci da subito – ha contribuito a un grande rilancio dell’Italia a livello globale. Penso ad esempio ai volti soddisfatti delle migliaia di imprenditori di tutto il mondo che durante il semestre espositivo parteciparono ai tantissimi incontri B2B e ai numerosi business forum che il Sistema Italia – Assolombarda, Confindustria, Camere di commercio – tutto unito ha saputo generare. L’Expo è stato anche uno straordinario acceleratore di crescita e di sviluppo.

Di ricordo in ricordo potrei continuare all’infinito. Mi fermo dicendo che porto nel cuore tutte le persone – i colleghi ma anche i tanti validi professionisti di via Pantano – che ho incontrato in quei quattro anni straordinari. Con tutti loro abbiamo percorso un tratto di strada molto proficuo nonostante le difficoltà. Basti ricordare che eravamo nel pieno della guerra in Iraq e delle sue ripercussioni sui costi delle materie prime, sulla logistica, sugli approvvigionamenti. Quelle difficoltà sapemmo affrontarle con coraggio – ieri come oggi. 

L’ultima istantanea di questa carrellata è quella che non a caso scelsi come immagine dell’Assemblea che chiudeva il mio mandato quadriennale: Ottimismo del grande pittore futurista Giacomo Balla. Ottimismo e dovere sono la forza che mi ha sempre guidato, nei momenti più favorevoli come in quelli più bui: dove ottimismo è aspettarsi che il futuro sarà migliore del presente; e dovere è quello che s’impone a chi, scegliendo di essere imprenditore, si impegna a costruirlo.

Comunità attrattiva e solidale

Assolombarda, tra il 2009 e il 2013, ha attraversato un periodo di profonde trasformazioni, rispondendo a una serie di eventi straordinari che ne hanno rimodellato il ruolo e la missione. 

Nella primavera 2009, mentre la crisi globale legata al fallimento di Lehman Brothers e alla crisi da subprime si diffondeva, anche l’economia milanese, solitamente forte e dinamica, ha dovuto affrontare sfide impreviste. In questa situazione senza precedenti, Assolombarda ha deciso di guidare una risposta coraggiosa e innovativa, puntando su una semplice, ma determinante idea: rafforzare i legami del sistema, cercando di costruire e sostenere collaborazioni propositive. Questo approccio ha messo apparentemente in secondo piano la risoluzione di singoli problemi in favore di una visione ampia e condivisa: stimolare relazioni profonde tra l’Associazione, le istituzioni, i sindacati e il mondo dell’istruzione e della formazione.

Questo spirito di collaborazione, a quel tempo necessario per affrontare le difficoltà economiche, si è trasformato in una convinzione profonda, quasi una filosofia: il mondo associativo non doveva soltanto reagire, ma porsi come creatore di valore e sostenitore di una comunità competitiva”. L’intensità della crisi ha reso chiaro che rafforzare le relazioni di sistema non fosse solo una risposta temporanea, ma un obiettivo durevole, capace di rinnovare il mondo dell’associazionismo, dando prova della sua centralità anche nelle fasi di ripresa.

Milano viveva in quegli anni anche una situazione particolare: se da un lato la città soffriva un certo ripiegamento, dall’altro guardava con speranza al futuro grazie alla vittoria per l’assegnazione dell’Expo 2015. Un successo reso possibile dalla tenacia del governo, di tutte le parti politiche, e soprattutto dall’impegno di due figure chiave, Letizia Moratti come Sindaco e Diana Bracco come Presidente di Assolombarda. In quegli stessi anni, però, si avvertiva un appello alla rinascita collettiva. L’Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi esortava i cittadini, dalle colonne del «Corriere della Sera», a riscoprire i valori della città, richiamando ciascuno a un impegno personale e collettivo per ridare a Milano il suo ruolo di comunità solidale e innovativa. Poco dopo, una ricerca condotta dalla Bocconi, coordinata dal professor Alberto Grando, lanciava l’allarme sul calo di attrattività di Milano e sul rischio di marginalizzazione in un contesto internazionale.

Cerimonia di Inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, Roma, 26 gennaio 2017. Archivio ANSA.
Cerimonia di Inaugurazione dell’anno giudiziario 2017, Roma, 26 gennaio 2017. Archivio ANSA.

Oggi, con Milano tra le città più attrattive del mondo, è quasi difficile immaginare questo periodo di difficoltà. Il successo della città è anche il frutto di un lungo percorso di impegno e dialogo tra le componenti sociali e istituzionali, unite nella costruzione di nuove collaborazioni. Assolombarda ha avuto un ruolo fondamentale in questo percorso, contribuendo a rafforzare il tessuto sociale e produttivo attraverso un impegno di rappresentanza che non si limitava alle sole rivendicazioni. In quegli anni, Emma Marcegaglia, alla presidenza di Confindustria, ha dimostrato come il sistema associativo potesse essere uno strumento di dialogo e cooperazione, e Assolombarda ha adottato e sostenuto questa visione, affrontando le sfide con determinazione, apertura al confronto e spirito critico.

Insieme a molti imprenditori e dirigenti, non solo abbiamo condiviso progetti e impegni, ma spesso sono nate amicizie e collaborazioni che ancora oggi restano vive. In particolare, si sono consolidate relazioni con Confcommercio e la Camera di commercio, guidate da Carlo Sangalli, con il quale abbiamo condiviso visioni e progetti con autentica passione. Assolombarda ha lavorato anche per migliorare la cooperazione con il Tribunale di Milano, presieduto da Livia Pomodoro, una figura straordinaria. Una scelta forte di impegno sulla legalità, che ha portato anche alla nascita di progetti innovativi, come il coinvolgimento di manager nella gestione di aziende sequestrate alla criminalità organizzata.

Il rapporto con il mondo della formazione è stato uno dei pilastri dell’attività di Assolombarda, grazie al lavoro appassionato di Gianfelice Rocca, che ha sempre sostenuto la centralità dell’istruzione come motore per lo sviluppo e l’inclusione sociale. La convinzione che solo l’istruzione possa rilanciare l’ascensore sociale e ridurre le disuguaglianze ha ispirato progetti che hanno rafforzato il dialogo tra imprese e istituzioni educative, portando a risultati tangibili. Milano oggi deve gran parte della sua capacità di sviluppo alle sue università e al rapporto consolidato con il mondo delle imprese, una realtà che Assolombarda ha contribuito a costruire.

Parallelamente, Assolombarda ha promosso numerosi progetti culturali, collaborando con Museimpresa, un’iniziativa nata da un’idea di Michele Perini e Carlo Camerana, che si è rivelata un efficace modello di comunicazione della cultura d’impresa. Questi progetti dimostrano l’importanza di dare spazio alla libertà espressiva e alla creatività, alla condivisione delle novità e delle diversità, come terreno fertile per l’innovazione. L’impegno di Antonio Calabrò in quest’area è stato e continua a essere una risorsa fondamentale per Assolombarda e il sistema associativo.

Aeroporto internazionale Milano-Malpensa, 2024.
Aeroporto internazionale Milano-Malpensa, 2024.

Oltre a queste attività, Assolombarda ha dedicato attenzione allo sviluppo internazionale delle imprese e al supporto del settore green, entrambi ambiti di grande valore per il territorio lombardo. In collaborazione con le nostre Zone, le articolazioni territoriali dell’organizzazione, Assolombarda ha sostenuto progetti a livello locale che hanno avuto un impatto significativo sulla crescita e sul rafforzamento del tessuto economico.

Infine, unesperienza particolarmente significativa e un ricordo indelebile è stata quella di Scampia, dove ho partecipato a una giornata di discussione presso l’Istituto Tecnico Galileo Galilei, divenuto anche un centro di resistenza alla malavita organizzata sotto la guida del Preside Vincenzo Ciotola. Questo incontro è stato un esempio di impegno civile e coraggio, e alla mia ultima Assemblea ho invitato Ciotola e alcuni dei suoi studenti, che sono stati accolti da una standing ovation dagli imprenditori di Assolombarda. Questo momento, segnato da un entusiasmo sincero, testimoniava che il percorso intrapreso fosse quello giusto. Grazie al loro impegno, Ciotola è stato da noi candidato e ha poi ricevuto il Premio Ambrosoli, un riconoscimento che Milano ha attribuito con profonda gratitudine.

Quando mi è stato chiesto di candidarmi alla presidenza di Assolombarda, di cui ero Vicepresidente da molti anni, dopo aver guidato l’ingresso dell’ENI in Confindustria in concomitanza con l’inizio della privatizzazione e della liberalizzazione dei mercati energetici, avevo pensato di accettare per restituire alla comunità il tanto che avevo ricevuto da tanti nel corso della mia carriera professionale. Mi ero sbagliato: durante questi quattro anni ho aumentato i miei debiti di riconoscenza verso molti, tantissimi.

Per far volare Milano e l’Italia

Sono stato Presidente di Assolombarda negli anni che vanno dal 2013 al 2017. Anni difficili, in cui l’Italia e la Lombardia, che ne è il motore economico, dovevano riprendersi dalla crisi del debito sovrano. Anni trasformativi, nei quali il quadro politico è mutato in modo radicale e durante i quali anche Assolombarda ha conosciuto una sua evoluzione, con la fusione con Confindustria Monza e Brianza. Anni entusiasmanti, con la sfida dell’Expo e la volontà di lasciare un’eredità duratura, che abbiamo contribuito a realizzare attraverso il progetto Nexpo. Anni in cui, all’interno della nostra Associazione, si percepiva la consapevolezza che noi imprenditori eravamo al centro di quell’opportunità: da noi dipendeva, in misura non piccola, il futuro di Milano e della Lombardia. 

Lo slogan che ci accompagnò era: «far volare Milano». Ci siamo riusciti? Non spetta a me dirlo. Posso però dire che ci abbiamo provato e ce l’abbiamo messa tutta. Uso un plurale che non è di prammatica: da imprenditori, sappiamo benissimo che il nostro vero e forse unico vantaggio competitivo sta nei collaboratori. Io ho avuto la grande fortuna di poter contare, dentro Assolombarda, su una squadra di livello assoluto, sia nelle figure apicali dell’Associazione, sia nei funzionari che la rendono quotidianamente operativa, sia nel Centro studi che mai come in quegli anni ha avuto una valenza strategica. Eravamo tutti consapevoli che la nostra missione, anzi, la nostra ossessione, stava nel cogliere l’opportunità dell’Esposizione internazionale. Questi grandi eventi spesso portano uno sviluppo effimero che non sempre si radica nelle città ospitanti. Dovevamo dare il nostro contributo affinché Expo 2015 fosse un momento di revisione complessiva di Milano. Avevamo i numeri: Milano era la sede del 40% delle multinazionali presenti nel Paese, produceva il 10% del PIL dell’intera nazione, sfornava il 24% dei brevetti italiani. La Lombardia era ed è una potenza industriale di scala europea. Questa enorme forza, questa capacità innovativa andava canalizzata. 

Abbiamo quindi individuato alcuni assi strategici e i relativi strumenti. In primo luogo, le potenzialità lombarde andavano misurate per capire quali erano i punti di forza e quali, invece, gli elementi su cui lavorare. A tal fine abbiamo sviluppato un sistema di benchmarking tra la nostra regione e altre paragonabili, per vocazione internazionale e composizione industriale, e nostre dirette concorrenti: il Baden-Württemberg, la Baviera, Rhône-Alpes e la Catalogna. Ne abbiamo tratto importanti insegnamenti, che ci hanno consentito di mettere a fuoco più di 50 progetti.

Centro di ricerca dell’IRCCS Humanitas di Rozzano (MI), 2024.
Centro di ricerca dell’IRCCS Humanitas di Rozzano (MI), 2024.

Sulla base di questo metodo, abbiamo individuato le nostre priorità: fare della Lombardia la patria e di Milano la capitale dell’innovazione, delle startup e delle risorse umane. C’è un forte nesso tra questi obiettivi. Tutti ruotano attorno all’idea che la chiave del successo – che per noi significa crescita economica e inclusione sociale, senza soluzione di continuità – stava e sta nel capitale umano. Credo che questo sia ancora vero. Milano, in particolare, ospita alcune tra le università e i centri di ricerca, pubblici e privati, migliori in Italia e alcune tra le eccellenze europee e globali. Questo poderoso sistema di formazione andava messo al servizio della collettività, per generare esternalità positive non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto quello ambientale e sociale. Se esiste al mondo un bene pubblico, questo è la conoscenza: attraverso iniziative come abc Digital, rivolto alla formazione digitale degli anziani e alla costruzione di ponti generazionali, abbiamo cercato di promuovere questo sviluppo a 360 gradi. 

Dietro tale progettualità c’era e c’è una lettura della città che mi sembra ancora valida. All’epoca parlavamo di Milano città “STEAM”, facendo il verso un po’ all’acronimo STEM (che indica le discipline tecnicoscientifiche), un po’ al significato di tale parola in lingua inglese (“vapore”). È nei vapori della rivoluzione industriale che affonda le sue radici la vitalità lombarda: ed è in quella vitalità che si è sviluppata la ricerca costante di una specializzazione produttiva che ci mantenga alla frontiera della conoscenza e che ci consenta di preservare e migliorare l’ecosistema, ambientale e umano, che è la precondizione perché una città sia attrattiva. Per noi, allora e oggi, STEAM significa: Scienze, Tecnologie, Ambiente, Arte e Manifattura. Penso che ci sia un legame ben visibile che percorre questi volti della nostra terra. 

La Lombardia ha saputo individuare una vocazione che ne fa, contemporaneamente, un luogo all’avanguardia e una regione fortemente debitrice del suo passato. Questa caratteristica può essere osservata specialmente a Milano. Faccio un esempio tra i tanti: una parte del futuro del capoluogo si manifesta nello sviluppo delle scienze della vita, cioè uno dei settori alla frontiera della ricerca. Contemporaneamente, la città sa mantenere, nell’approccio alla scienza e alla tecnica, un’intonazione umanistica. Non si può inventare o scoprire nulla, se non si è mossi da quel motore invisibile ma tangibile che è il bene dell’essere umano. Queste caratteristiche, che Milano ha saputo esprimere, vanno coltivate e fatte crescere: dare per scontata la capacità di rimanere attrattivi espone al rischio di perdere queste peculiarità positive. Esse vanno continuamente reinventate.

Parco eolico Buena Ventura realizzato dal Gruppo Techint a Gonzales Chaves, Argentina, 2023
Parco eolico Buena Ventura realizzato dal Gruppo Techint a Gonzales Chaves, Argentina, 2023

Torniamo, dunque, ancora e sempre a quello che a mio avviso è il punto fondamentale: la città esiste in forza della sua dimensione umana. Una città è un mercato del lavoro ma è contemporaneamente un ecosistema urbano. Ha successo se offre opportunità professionali e se i lavoratori, oltre a trovarci un ufficio o una fabbrica, ci trovano anche un luogo gradevole e ospitale. Essere una città attrattiva, quindi, significa saper essere un luogo nel quale si articola, si forma, si sviluppa e si condivide la conoscenza. E della conoscenza, l’imprenditore è protagonista. Questo vale per tutte le città lombarde, e vale ancor più per Milano che, in quegli anni, è stata logicamente il centro nevralgico dei nostri sforzi e delle nostre ambizioni, a causa di Expo e di ciò che abbiamo saputo innestare su quell’esperienza. Troppo spesso la figura dell’imprenditore viene fraintesa o sottovalutata: io credo che la peculiarità della nostra regione – ricca di cultura, di formazione, di ricerca – non possa essere né spiegata, né compresa se non si riconosce che è anzitutto terra di impresa. L’imprenditore è colui che scruta tra le nebbie e si assume il rischio di anticipare il futuro: si assume il rischio, vorrei dire, di inventare il futuro. Per farlo, deve intuire i bisogni delle persone e trasformare le intuizioni degli scienziati in prodotti di consumo. 

Voglio concludere con una considerazione politica e una umana. La prima è che l’esempio della Lombardia, di Milano e di Assolombarda costituisce un valore e un punto di riferimento per il resto del Paese. Quando ero Presidente e osservavo con una certa preoccupazione la curvatura che una parte del dibattito politico stava prendendo, parlavo spesso di un modello di “autonomia sfiduciata”: in Italia convivono i difetti (e i costi) di uno Stato decentrato come la Germania e quelli di uno Stato accentrato come la Francia. Dobbiamo riflettere su questo, specie ora che il dibattito sull’autonomia si è fatto così aspro: non nego i limiti del nostro modello di autonomia regionale, ma non credo che la centralizzazione delle funzioni sia la risposta. Penso al contrario che dobbiamo perseguire un modello di autonomia responsabile, in cui l’iniziativa viene premiata e ciascuno impara dagli altri. Su alcune materie è certamente opportuno tornare a una maggiore regia nazionale: su altre dovremmo invece avere più fiducia nella capacità di sperimentare, non solo a livello regionale, ma anche valorizzando le autonomie comunali che costituiscono il tessuto di cui è fatta la nostra storia. 

Ciascuno di noi a volte è tentato di pensare a sé stesso come l’artefice del futuro. In fondo, siamo imprenditori e questa ambizione, forse questa presunzione, è la scintilla che ci sveglia ogni mattina. Ma dobbiamo riconoscere che non siamo i protagonisti, siamo semmai parte di una storia che è iniziata prima di noi e continuerà dopo. Continuo a dirmi: per me è un onore essere membro di questa organizzazione e sono grato a chi mi ha concesso il privilegio di rappresentarla, reggendone il testimone per un tratto di strada.

Sviluppo economico e benessere

Rileggere un buon libro ci permette di scoprire nuove sfumature, significati che magari alla prima lettura ci erano sfuggiti. Le parole assumono nuove prospettive, certi passaggi rivelano messaggi più profondi, e ogni rilettura ci offre l’opportunità di comprendere meglio il contesto, le motivazioni e, talvolta, le intuizioni che l’autore ha seminato tra le righe. Allo stesso modo, guardare al proprio passato, ai traguardi raggiunti e alle sfide affrontate, permette di cogliere dettagli e significati che in quel momento forse non avevamo compreso appieno.

È con questo spirito che oggi ripercorro il mio mandato alla presidenza di Assolombarda. Risfogliando gli interventi, dossier e speech di quegli anni, mi rendo conto di quanto le idee, le visioni e le battaglie di allora siano state utili non solo per il presente ma soprattutto per provare a tracciare il futuro. Durante il mio incarico, ho avuto la possibilità di dare voce a una serie di temi e prospettive che considero fondamentali per l’evoluzione del sistema produttivo del Paese e della società. Ogni riflessione ha rappresentato un pezzo di un mosaico più grande, un tentativo di contribuire alla crescita di un’industria più moderna, di un lavoro più dignitoso e inclusivo, di una società dove sviluppo economico e benessere sociale possano procedere di pari passo.

Riflettere oggi su quei momenti significa osservare con occhi nuovi le ragioni che ci hanno spinto ad affrontare certe tematiche e ad aprire certi dibattiti. Ho rivissuto la determinazione e l’impegno che ci hanno guidati, dalla necessità di riforme strutturali per la produttività alla battaglia per una formazione tecnica all’avanguardia; dalla richiesta di un sistema fiscale più giusto e funzionale alla competitività delle imprese e alla promozione di una cultura della sostenibilità. Sono temi e idee che restano, oggi più che mai, attuali.

Per me è stato non solo un onore, ma anche una grande responsabilità. Essere alla guida di questa Associazione – prima di assumere l’incarico in Confindustria – è stata un’occasione di crescita e apprendimento costante che mi ha consentito di lavorare al meglio collaborando con tutte le eccellenze d’impresa italiane e internazionali, della manifattura e dei servizi.

Tuttavia, oltre all’orgoglio personale, ciò che più mi preme richiamare adesso è un altro aspetto: il ruolo cruciale che ogni Presidente di Assolombarda deve interpretare, quello cioè di rappresentare e avanzare analisi e proposte non solo per le imprese del nostro territorio, ma anche continuando a tenere alto lo sguardo verso gli interessi dell’intero Paese.

Assemblea Generale Assolombarda, Milano, 2018. Archivi Assolombarda.
Assemblea Generale Assolombarda, Milano, 2018. Archivi Assolombarda.

Crescere, innovare, esportare, attrarre giovani e capitali: questi sono imperativi che Assolombarda ha sempre perseguito. Ma non basta. Se non si sbloccano i colli di bottiglia che da decenni ostacolano la crescita dell’Italia – bassa produttività, insufficiente occupazione, formazione inadeguata, welfare sbilanciato – la nostra capacità di trainare il Paese rimane frustrata. Ecco perché durante il mio mandato mi sono sempre rivolto non solo alle istituzioni locali, ma anche e soprattutto ai governi nazionali.

Nel corso della mia presidenza, dal 2017 al 2020, abbiamo visto succedersi tre esecutivi: il governo Gentiloni, il governo Conte i e il governo Conte ii. Sin dall’inizio, avevamo chiara la necessità di affrontare la crisi degli investimenti e di ripensare la finanza pubblica. Nel mio programma per la presidenza, scrivevo che eravamo ancora fermi a un –28% negli investimenti fissi lordi rispetto al 2008, una sfida che avremmo dovuto affrontare con decisione. Erano state introdotte misure come la decontribuzione e il bonus da 80 euro, ma con risultati inferiori alle aspettative. E la tanto attesa spending review era stata di fatto abbandonata.

Sullo stesso tema del lavoro, un altro nodo irrisolto era quello delle politiche attive. Il referendum costituzionale fallito aveva bloccato la riforma del Jobs Act, lasciando incompiuta la parte cruciale delle politiche attive del lavoro. Restavamo impantanati in un sistema inefficiente, legato ai Centri pubblici per l’impiego anziché a un modello più dinamico basato sulle agenzie private, che meglio conoscono le esigenze delle nostre imprese.

Nell’Assemblea privata di Confindustria nella primavera del 2018, Assolombarda mi affidò il compito di esprimere una critica esplicita al programma del governo guidato dall’allora Presidente Giuseppe Conte. Il messaggio trasmesso fu chiaro: il programma di governo presentava un grave deficit di contenuti numerici, e Confindustria aveva il dovere di ricordare alcuni dati cruciali. Negli ultimi dieci anni, infatti, il Paese aveva perso circa 392 mila lavoratori qualificati in ruoli tecnici, mentre erano stati creati 400 mila posti di lavoro in posizioni a bassa qualifica. Il sistema di welfare continuava a penalizzare i giovani, destinando oltre il 70% della spesa sociale agli over 55, soprattutto in pensioni. Anche la mobilità sociale risultava bloccata, con un sistema scolastico e universitario che sembrava concepito più per chi ci lavorava che per chi ne usufruiva. Queste problematiche, non certo l’introduzione del Reddito di cittadinanza o i prepensionamenti accompagnati da false Flat Tax, rappresentavano le vere priorità da affrontare.

Alla nostra Assemblea di settembre 2018 il tono della critica si fece ancora più incisivo. Proponemmo di destinare i 10 miliardi previsti per il Reddito di cittadinanza alla creazione di un istituto di ricerca industriale italiano, ispirato al modello del Fraunhofer in Germania, con l’obiettivo di potenziare industria e manifattura. Il modello di finanziamento proposto prevedeva una compartecipazione tra pubblico e privato, con il 30% a carico dello Stato e il 70% delle imprese, replicando un sistema tedesco che aveva dimostrato la sua efficacia nel promuovere produttività, occupabilità giovanile e trasferimento tecnologico.

Mostra Imagining the future, Washington, 2023. Archivi Confindustria.
Mostra Imagining the future, Washington, 2023. Archivi Confindustria.

Nel 2019 Assolombarda ribadì la necessità di riforme strutturali e di un approccio diverso su lavoro, fisco e investimenti. Nel settore delle opere pubbliche si osservò una paralisi persistente, mentre nel campo del lavoro furono commessi errori, come l’applicazione del Decreto Dignità nel 2018, mirato a combattere la precarietà ma con esiti incerti. Inoltre, il Reddito di cittadinanza venne destinato non solo alla lotta contro la povertà, ma anche a politiche attive per il lavoro che avrebbero però richiesto criteri e competenze specifiche, mai attuati.

Sul fronte della spesa pubblica, il governo puntò su misure onerose, come Quota 100 e il Reddito di cittadinanza, che non ebbero alcun impatto sul PIL potenziale e che, nel caso di Quota 100, aggravarono il deficit previdenziale, penalizzando i giovani. La Flat Tax, infine, fu introdotta come leva elettorale per sottrarre al regime IRPEF fasce crescenti di contribuenti, ma generò distorsioni che ostacolarono l’obiettivo di una riforma fiscale strutturale e organica, da noi richiesta con forza da anni.

Ricordo, infine, che durante l’Assemblea del 2019 al Teatro alla Scala di Milano, il pubblico si alzò in un lungo e ripetuto applauso alla fine del mio intervento, un momento memorabile che rispecchiava l’urgenza, l’unità di intenti richiesti e il rigore che deve contraddistinguere chi ricopre cariche istituzionali. L’appello era chiaro: la guida del Paese non può essere affidata a gesti superficiali, come apparire su un balcone o in spiaggia; è l’energia dell’intero Paese e la sua decisione a trasformarsi ad ogni livello che devono rispecchiarsi nelle decisioni di chi lo governa. Come ricordava Aldo Moro, era tempo di riscoprire una nuova stagione dei doveri, perché è nei comportamenti di tutti che vive il cambiamento.

È con questo spirito che, durante il mio mandato, Assolombarda ha elaborato proposte concrete e articolate, dando vita a importanti strumenti di riflessione come il Libro bianco sul lavoro, ma anche quello sul credito, sull’energia e sul fisco. Rileggendo quei documenti, non provo tristezza per i problemi irrisolti, ma fiducia. Un Presidente di Assolombarda non può mai permettersi il lusso di essere pessimista. Dobbiamo continuare a batterci con la certezza che non solo noi, ma l’intera Italia può farcela.

Come diceva Schumpeter: «l’imprenditore che introduce cambiamenti non lo fa solo per un beneficio personale, ma per migliorare l’intero ambiente in cui opera». Questo è l’obiettivo che Assolombarda dovrà continuare a perseguire: trasformare, innovare e crescere, non solo per noi stessi, ma per il bene di tutto il Paese.